Racconti

Nelson Mandela e la corsa come evasione interiore durante la prigionia

“Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ispirare, di unire le persone in una maniera che pochi di noi possono fare. Parla ai giovani in un linguaggio che loro capiscono. Lo sport ha il potere di creare speranza dove c’è disperazione. È più potente dei governi nel rompere le barriere razziali, è capace di ridere in faccia a tutte le discriminazioni”.

Nelson Rolihlahla Mandela nasce dalla stirpe regale della tribù Xhosa il 18 luglio 1918 nel villaggio di Mvezo a Umtata, Sudafrica.

Studia legge alla University College of Fort Hare, ma coinvolto nell’opposizione al minoritario regime sudafricano, che negava i diritti politici, sociali e civili alla maggioranza nera sudafricana, viene espulso dall’ateneo. Mandela riuscì comunque a laurearsi alla University of South Africa di Fort Hare nel 1943. In quel periodo iniziò ad avvicinarsi attivamente ai movimenti per i diritti civili.

L’arresto di Madiba

Nel 1948 il Partito Nazionale (pro apartheid) vinse le elezioni e Mandela fu uno dei primi grandi oppositori, distinguendosi soprattutto nel 1952 con la campagna di resistenza e nel 1955 attraverso la campagna di resistenza che portò  alla adozione della Carta della Libertà. Mandela fondò anche un ufficio legale nel quale forniva assistenza gratuita o a basso costo a molti neri che non avrebbero altrimenti avuto altra alternativa per essere rappresentati legalmente.

Madiba ( questo il suo nome all’interno della tribù di appartenenza) venne arrestato una prima volta nel 1956 ma fu poi assolto. Venne successivamente imprigionato nel 1964 per trascorre in galera ben 27 anni.

Transitò in questo periodo attraverso vari stadi di prigionia. Passò dalla condanna a morte ad un trattamento privilegiato e fini per riuscire ad avere finalmente un persino dialogo con le dirigenze politiche dell’epoca.

Gli anni di prigionia e la corsa

Mandela dedica gli anni di prigionia allo studio e predica un processo di riconciliazione razziale, che passa per l’abolizione dell’Apartheid.

Mandela però è sempre stato sportivo, tanto che lo si può vedere nelle foto di gioventù in veste di pugile. L’amore per lo sport lo portava tutte le mattine a svegliarsi presto per correre un’oretta.

Lo sport è libertà. La corsa è libertà. Come avrebbe potuto conciliare questo suo amore col periodo di detenzione forzata? Gli avrebbero tolto anche questa libertà?

No, Madiba è sempre stato un combattente.

Nei primi anni di cella, in isolamento, ha pochissimo spazio. La sua detenzione a Robben Island dura in questa situazione per 18 anni, passati in uno spazio di 2,59 metri di lunghezza per 2,3 di larghezza. Un quadrato, con due piccole finestre, un tappeto per dormire, un comodino e un secchio come bagno.

In questa condizioni Mandela reagisce silenziosamente dedicandosi ogni giorno a ciò che faceva in libertà. Correrà infatti per un’ora al giorno sul posto!

Negli anni successivi, gli viene concesso il “lusso” di una cella condivisa. Ma non smette di correre, noncurante del fastidio che potrebbe provocare agli altri carcerati. Per Mandela la corsa e la camminata erano stratagemmi mentali di evasione. La corsa sul posto era la meditazione dell’uomo che sarebbe stato etichettato come Invictus.

Il rugby come motivo di unificazione nazionale

Nelson Mandela springbok rugby sudafricaRaggiunto il potere , in quel Sudafrica da unificare, Mandela deve unificare la mentalità della gente.

Trova la risposta ancora una volta nello sport. Questa volta nel rugby, sport per soli bianchi. Mandela inculca nella mentalità della popolazione nera l’idea di abbracciare questo sport “dei bianchi” per tendergli una mano virtuale, come gesto di avvicinamento.

L’unione del Sudafrica passerà quindi attraverso i successi della nazionale degli Springbok (dal nome dell’omonima antilope che vive in Africa meridionale).

Momento chiave sarà la vittoria dei sudafricani contro gli imbattuti All Blacks neozelandesi.

Mandela ci insegna quindi che lo sport, vince la solitudine, vince la prigiona, vince le differenze. Lo sport è fonte di motivazione interiore nei momenti di buio.

 

 

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