Orsa Pravello Trincea Trail – A spasso nel tempo

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Saltrio, Orsa Pravello Trincea Trail, 6 Ottobre 2019Ok. Immaginate di essere nel periodo cretaceo. Il vostro primo avvistamento di questo maxi-tacchino avverrebbe in una radura. Lui si muove come un uccello dondolando la testa e voi rimanete fermi perché credete che la sua capacità visiva sia basata sul movimento, come per il tirannosauro e che se non vi muovete lui non vi vede, ma il Velociraptor è diverso.

Voi lo fissate e lui vi fissa a sua volta e allora scatta all’attacco. Ma non frontalmente, da i due fianchi, da parte di altri due Velociraptor di cui non sospettavate l’esistenza. Perché il Velociraptor caccia in branchi e si serve di tattiche d’assalto ben coordinate. E quel giorno sta facendo un’uscita in forza. E vi sta sta sciambolando con questo: un artiglio retrattile di quindici centimetri molto affilato che si trova sul dito centrale. Non si disturba a mordervi la giugulare come farebbe un leone. No. Lui vi sciabola qui. O qui.

Ecco, ora immaginate di non essere al cospetto di Alan Grant che vi fa da guida in Jurassic Park, e fate un salto ancora più indietro nel tempo, diciamo di 125 milioni di anni. Le onde dell’oceano della Tetide si frangono su una spiaggia tropicale il cui sfondo è rappresentato da foreste lussureggianti. Ecco, ora potreste essere li in una baracca sulla spiaggia, a vivere giorno per giorno come Bisio in Puerto Escondido. Vi affacciate alla finestra della vostra capanna e lo vedete, ritto sulle zampe posteriori. Vi scruta da quasi otto metri di altezza con gli occhi feroci dei dinosauri carnivori. Le sue corte zampe anteriori terminano con tre potenti artigli. Si presenta così: è il Saltriovenator, il caciatore di Saltrio, meglio noto come Saltriosauro.

A spasso nel tempo

A due settimane dal Campo dei Fiori Trail di Gavirate eccomi al cospetto di un’altra gara mai affrontata fin’ora, il Trincea Trail. Affronterò il percorso medio tra i tre proposti dagli Amici del Monte Orsa, un saliscendi con 1000 metri di dislivello spalmati su poco meno di 16 km inserito nel Grand Prix delle Montagne Varesine.

Fortunatamente sono passati 200 milioni di anni da quando suddetto predatore correva sulle creste di questi monti in cerca di qualche spuntino, e ora ciò che resta di esso è al Museo di Storia Naturale di Milano. Possiamo quindi goderci il nostro Trail senza ulteriori patemi d’animo. Oltretutto dell’uomo, ai tempi, non vi era nemmeno l’ombra in giro.

Dopo un paio di foto di rito coi compagni di avventura ci si piazza sotto al gonfiabile pronti ad attraversarlo come uno Stargate. Ci porterà infatti indietro nella storia di questi luoghi. La partenza è veloce, su asfalto, ma dopo neanche 500 metri il Monte Orsa ci porge le sue pendici sotto i piedi e si inizia a salire.

Sono 4 i km di ascesa, con 460 metri di dislivello da coprire e un ultimo tratto ripidissimo. Nelle gambe sento un po’ la fatica del giorno prima e un po’ il risultato della partenza a freddo senza riscaldamento. Ma dopo una mini scalata si raggiunge il primo GPM di giornata.

Di corsa in Trincea

La discesa dall’Orsa è inizialmente un altro zigzagare tra roccette varie seguito da un tratto molto tecnico e inizio a pagar dazio per le mie scarse qualità di discesista.

Qualche centinaia di metri dalle antenne del Monte Orsa e ci si ritrova indietro nel tempo di poco più di un secolo. Stiamo infatti percorrendo i camminamenti voluti dal generale Cadorna durante la prima guerra mondiale, 72 km totali di opera ingegneristica costata, al cambio attuale, 150 milioni di euro. Oggi ci compri a stento Cristiano Ronaldo e Dybala.

E’ il momento di tirar fuori la frontale dalla tasca dello zainetto per farmi luce in alcuni passaggi nelle gallerie. Queste trincee durate la grande guerra risultarono inutili visto che la guerra si combattè più in lontananza, ma vennero invece sfruttate nella secondo conflitto mondiale da truppe tedesche per controllare la zona di confine.
Più recentemente trincee e bunker sotterranei furono il regno degli “spalloni”, i contrabbandieri di caffè e sigarette.

Costeggiamo successivamente il rifugio del Monte Pravello per continuare la discesa attraverso le trincee “basse” fino a giungere alla Cava Brusata.

I gradoni in pietrisco ci portano al piazzale dove è posto il primo ristoro e dove i percorsi della 16km e della 30km si dividono da quello della gara breve di 8km.

Continuo la marcia attraverso la zona delle cave, e ad occhio, dal sentiero, si scorge quella che forse fu la dimora delle ossa del Saltriosauro fino alla sua scoperta nella fine degli anni ’90.

1000 gradini

Dopo un tratto corribile, si svolta a sinistra e il volontario sul percorso ci avvisa che ora inizia un vero e proprio Vertikal sui 1000 Gradini.

Una scalinata di terra e sassi ci porta infatti verso il secondo GPM di giornata, costeggiando una recinzione (la “ramina”) malmessa e arrugginita che identifica il confine di stato con la Svizzera.

La fatica inizia a farsi sentire e prendo un gel. Rispetto alla gradinata della funicolare del Campo dei Fiori oggi c’è anche la difficoltà data dall’irregolarità della gradonata. Non è un semplice, seppur faticoso, susseguirsi di passi, ma talvolta si deve anche scartare a destra o sinistra per trovar gli appoggi.  Siamo in ombra tra i boschi, la giornata è fresca, ideale per correre, ma il sudore gronda su volto e schiena.

Ogni tanto si sente qualche sparo in lontananza e dietro di me ipotizzano sia “la scopa” che elimina uno a uno i runners man mano che li raggiunge dalla coda del gruppo. La speranza è che comunque non sia Aldo Baglio nelle vesti del poliziotto Huber intento a difendere i confini elvetici.

Arriviamo a un balzo dal Poncione d’Arzo, percorrendo questo sentiero scalettato che durante la seconda guerra mondiale vedeva le Aquile Randagie, un gruppo scout milanese, guidare gli ebrei italiani oltre il confine per trovare riparo in svizzera.

Gente di frontiera

Nel mentre si avvicina sempre più la vetta del Pravello, e dopo un ultimo sforzo spunta la garitta del confine italo-svizzero che ne occupa la cima. Mi aspetto di trovare il Loris Bernasconi di Frontaliers spuntare dalla casupola al grido di: “Favorisca il documento! e anche un po’ in prezza che ga fe culonna!

Raggiunto il punto più alto di giornata (1015 m s.l.m.), ci si getta in picchiata su un tratto estremamente tecnico e pian piano vengo raggiunto da alcuni corridori, tra cui il Ciresa che mi si mette in scia fino a quando lo faccio passare per non rallentarlo. Lo riprendo appena il sentiero da capre di montagna diventa molto più corribile e riesco a cambiare un po’ marcia. Si entra poi in uno zig zag da downhill su sentiero soffice, e pago ancora un po’ dazio su chi scende senza remore.

Chi va con lo zoppo…

Finalmente le discese impegnative sono finite e posso provare a spingere, ma al decimo km la mia caviglia sinistra decide di far le bizze. Mi sento tipo Oliver Hutton quando nel cartoon anni ’80 la scena diventava improvvisamente in bianco e nero. Si illuminava a quel punto solo un lampo improvviso sulla sua caviglia dolorante. Sempre meglio che trovarmi nelle condizioni di Julian Ross, penso, e continuo con passo più incerto e meno regolare perdendo altre posizioni. Vengo raggiunto da due dei compagni di viaggio del Grand Prix delle Montagne Varesine di quest’anno e iniziamo un tira e molla in base alla pendenza positiva o negativa del percorso.

Si arriva ad un campo erboso e faccio fatica a capire dove andare, ma fortunatamente vengo subito direzionato.

Siamo al colle S.Elia dove è previsto il secondo ristoro. Mangio dell’arancio, bevo sali e riparto sperando che la caviglia non faccia storie.

Si scende su un tratto inizialmente ciottolato, dove ovviamente esito un po’, per poi proseguire lungo il sentiero degli alpini fino a trovarci a superare il ponte di Poaggia che “scavalla” il torrente omonimo.

Inizia a questo punto l’ultima salita del percorso, e si preannuncia da subito molto impegnativa. Nei primi 800 metri saliamo di circa 160 metri, per poi rifiatare un po’ in attesa dell’ultimo strappo.

Un finale in discesa

Gli ultimi 2 km circa sono in discesa, dapprima su sentiero e poi su asfalto, dove provo a dare tutto visto che non devo continuamente capir dove mettere i piedi. Le gambe mulinano bene, ma ormai c’è ben poco da fare per recuperare posizioni. Un paio di curve nel paese e si sente la voce dello speaker provenire dalla vicina piazza, ci sono.

Curva a destra e ancora a destra, passo sotto al gonfiabile. Stop. Stop al Garmin e alla sofferenza. Questo Orsa Pravello Trincea Trail l’ho patito forse più del Trail del Campo dei Fiori, molto più tecniche le discese, li dove non è proprio il mio pane.

Vado a cambiarmi e mi ricongiungo ai ragazzi. Si va finalmente a goder del buono pasto, gran lieta sorpresa al pari di quello di Gavirate. E forse un filo di più.

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