Mezza maratona delle terre d’acqua

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“gufo, gufo, della notte scura, che porti via fame e paura,

veglia su tutte le nostre genti, vecchi, bimbi e sugli armenti.

Col tuo canto, che può far paura, tienici amici con madre natura,

e fate, gnomi, fastidiosi folletti non potranno più farci dispetti”

La carovana si dirigeva verso ovest, lasciandosi il sole nascente alle spalle, cosi come accadeva per i pionieri americani diretti verso le infinite praterie del west secoli addietro.
Gufi stanchi per la notte di caccia aprivano un occhio di tanto in tanto, destati dal rombo dell’ auto che procedeva solitaria sulla striscia d’asfalto, srotolata tra i campi gelati, dritta come la canna di un Winchester.
I rapaci, ruotando il collo come visto fare solo alla piccola Regan prima di essere esorcizzata nella pellicola hollywodiana, seguivano il passaggio della vettura fino a vederla scomparire all’orizzonte, dopodichè si dipingevano un ghigno nefasto sul volto e tornavano a spegnere nel sonno i loro occhi gialli e privi di movimento.

Per nulla intimoriti dagli sguardi incuriositi dei rapaci, i quattro moderni pellegrini in scarpe gommate, giunsero a destinazione e in breve furono pronti a calcare quelle strade che permettevano ai loro predecessori medioevali di coprire le polverose strade che legavano, attraverso la via Francigena, l’abitato di Trino all’abazia del principato di Lucedio, all’interno delle foresta il cui ricordo oggi è mantenuto solo dal Bosco delle sorti della Partecipanza.

La mattinata era fredda ma serena, e il silenzio la faceva da padrone lungo il tappeto bituminoso che portava al piccolo paese di Costanzana, dove i pochi abitanti erano forse riuniti all’interno della chiesa del paese, rendendo il piccolo centro un silenzioso punto di passaggio, animato solo da sbuffi e passi ritmati.

Il giro di boa di Costanzana segnava l’inizio della via del ritorno, del conto alla rovescia verso un luogo di ristoro e vestiti caldi e asciutti, e ora la fatica sembrava minore, la mente diventava sempre più leggera mentre i km da percorrere diventavano sempre meno in un conto alla rovescia che avvicinava la fine di questa corsa dall’ambientazione quasi meditativa.

A un paio di km dal termine, una nutria faceva capolino da un canale di irrigazione, forse mandata come messaggera dai gufi per sapere se i loro ghigni avrebbero avuto un effetto nefasto, ma il roditore sarebbe dovuto tornare carico di cattive notizie dai suoi mittenti, perchè entro poco tempo i pellegrini sarebbero passati sotto l’arco dei 21 km, ognuno col proprio obbiettivo di giornata raggiunto, con ben tre record personali battuti.

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