La teoria dei vantaggi marginali (marginal gains)

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Ricordo che da piccolo ero un assiduo spettatore delle puntate del telefilm “I ragazzi della terza C”. C’era il povero Bruno Sacchi, che veniva puntualmente raggirato del proprio cartolaio che gli vendeva centinaia di milalire di prodotti per ogni singola interrogazione. Doveva preparare storia? E il cartolaio gli vendeva un elmetto militare, un risiko, un busto di Napoleone, ecc.

Ecco, immaginate di andare dal vostro coach e vedervi mettere in mano un film con Al Pacino (Ogni maledetta domenica), un fumetto di Paperon de Paperoni, il libro Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game (sulla squadra di baseball degli Oakland Athletics), un trattato sulla Sabermetrica e qualche articolo sulla gestione dei colori dei link delle inserzioni pubblicitarie su Google. Al tutto aggiungeteci i DVD degli ultimi 3 Tour de France.

Cosa hanno in comune tutte queste cose? La Teoria dei “marginal gains” di sir Dave Brailsford, il team manager del Team Sky.

La teoria dei vantaggi marginali

Questa teoria ipotizza che non sia necessario lavorare su un singolo aspetto per colmare il gap tra un atleta e un altro, ma si possa ottenere lo stesso risultato migliorando tanti singoli aspetti di una piccola percentuale. In sostanza, tanti 1% corrisponderanno ad un 10% (la teoria di Paperon de Paperoni che per raggiungere un miliardo servono comunque tanti decini).

Più o meno è il concetto che stava dietro al miracolo degli Oakland Athletics, che con Billy Beane (interpretato da Brad Pitt nel film Moneyball) nel ruolo di general manager dovettero ottimizzare le scelte a causa del taglio dei salari e quindi Beane optò per sfruttare quella scienza che dagli anni ’70 era solo un insieme di curiosità statistica come un sistema previsionale sulle performance dei giocatori nel futuro. Da quel momento gli A’s realizzarono un vero e proprio miracolo andando sempre ai playoff nonostante il budget più risicato della MLB.

La stessa teoria viene oggi applicata da Google per la gestione delle inserzioni pubblicitarie.

L’esempio del Team Sky

Tornando a Dave Brailsford, questi ha ottimizzato ogni aspetto della vita degli atleti del suo team, dall’alimentazione biologica (il team Sky utilizzza prodotti da agricoltura biodinamica, con ortaggi piantati e raccolti in base alle fasi lunari, e carne di animali allevati in un ambiente completamente naturale), al modo di lavarsi le mani per evitare la presenza di microbi, all’utilizzo di cuscini ergonomici e ionificatori dell’aria durante il sonno. I materiali ovviamente hanno anch’essi la loro incidenza sul guadagno marginale, così come la psicologia. Gli atleti Sky, infatti, utilizzano per lo più superlativi e termini positivi nel modo di parlare, ecc.

«Il principio è semplice. Se tu cerchi di migliorare, devi migliorare tutti i particolari che stanno attorno a un atleta e a una gara ciclistica. Particolari di tutti i generi, da quelli legati all’allenamento, lo stato mentale del ciclista, i materiali, l’alimentazione, il riposo, la pressione delle gomme o il casco, che sommati possono fare la differenza»

Tanti piccoli mattoncini

Quindi una prestazione sportiva va divisa in tanti piccoli aspetti, un po’ come ipotizzava Al Pacino nel suo famoso discorso motivazionale:

scopri che la vita è un gioco di centimetri, e così è il football. Perché in entrambi questi giochi, la vita e il football, il margine di errore è ridottissimo. Capitelo. Mezzo passo fatto un po’ in anticipo o in ritardo e voi non ce la fate, mezzo secondo troppo veloci o troppo lenti e mancate la presa. Ma i centimetri che ci servono, sono dappertutto, sono intorno a noi, ce ne sono in ogni break della partita, ad ogni minuto, ad ogni secondo. In questa squadra si combatte per un centimetro, in questa squadra massacriamo di fatica noi stessi e tutti quelli intorno a noi per un centimetro, ci difendiamo con le unghie e con i denti per un centimetro, perché sappiamo che quando andremo a sommare tutti quei centimetri il totale allora farà la differenza tra la vittoria e la sconfitta, la differenza fra vivere e morire

Nello specifico della corsa bisognerà quindi valutare il lavoro sulla resistenza, quello sulla velocità, il riposo, l’alimentazione, le scarpe, l’abbigliamento più o meno aderente, la tecnica,  il peso (Albanesi dice che 1kg di peso può valere: Tempo in secondi/peso in kg = secondi al km persi, cioè un atleta che va a 3’30″km e pesa 70 kg perderà, a causa di un kg in più, circa 3″/km (210/70)).

In fondo non lo diceva anche l’antico detto: “chi non risica, non rosica”?

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