GDV 2017 – Somma Lombardo

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Nel luogo dove oggi sorge il santuario della Madonna della Ghianda, intorno al 1260 la Madonna si manifestò a una bambina del posto sordomuta che pascolava un gregge di pecore. Dai racconti del tempo si tramanda che improvvisamente apparve una vivida luce fra i rami di una quercia e, nel mezzo, si materializzò una figura femminile, fasciata di azzurro che invitò la pastorella a rientrare in paese e chiamare il padre affinché venisse in quel luogo. La bambina, spaventata, corse a chiamare il padre, che, con sorpresa, sentì la figlia parlare per la prima volta. Padre e figlia, accompagnati da altri paesani, ritornarono nel bosco, ma non videro nulla. L’unica prova tangibile della visione fu il miracolo che consentì alla pastorella di guarire improvvisamente dall’infermità che si portava dalla nascita. Nei giorni seguenti a migliaia i fedeli e i curiosi accorsero dai dintorni, poi dalle zone più lontane, presso la quercia, dove si erano svolti i fatti miracolosi, elevando preghiere e invocazioni alla Santa Maria della Gianda. Da allora nacque un vero movimento di fede mariana.

Pare che da quel fatto in poi, altri furono gli eventi “straordinari”, e io oggi cerco il mio piccolo miracolo personale: recuperare 19 secondi di distacco dalla seconda piazza della mia categoria.

Le gambe sono imballatissime dalla sfacchinata di Marchirolo e spero si sciolgano nel riscaldamento che svolgo per buona parte con un Soffientini su di giri per la probabilissima defezione di Ouyat che gli consegna la maglia rosa che si sarebbe comunque ripreso sul “campo” grazie ad una condizione in crescendo.

Provo quindi a guadagnare condizione per osmosi al suo fianco come un adorante al cospetto di una reliquia santa, ma la cosa non par funzionare e dovrò quindi sudarmela pure oggi.

Ci andiamo a piazzare in griglia con la benedizione di padre Basoli e mi affianco a Kostia sperando di riuscire a seguirlo finalmente per tutta il percorso, come un fedele sacrestano.

Quando il patron di Eolo finisce di scortare i top al traguardo, con un tocco di paganesimo in questa giornata sacra, arriva lo sparo a mettere in moto la carovana di pellegrini.

La partenza è di quelle veloci, complice un tratto in discesa, da apnea. Complice il poco sangue al cervello intravedo una figura: sarà la mia visione di giornata? anch’io come la pastorella sono un prescelto? Una sagoma purpurea mi si staglia davanti con la sua candida pelle.

E’ il Dorigo.

Consapevole di non esser stato scelto per un fatto prodigioso, chiudo la vena e continuo a macinare chilometri nella scia di Kostia, che però allunga quando arriva il lungo tratto veloce in discesa che costeggia la ferrovia.

Cerco di non strafare sapendo che tra poco arriverà il tratto di sterrato in salita, dopo il quale dovrò dar tutto.

Quando abbandoniamo l’asfalto e la strada inizia a salire, me ne resto tranquillo nella pancia del mio gruppetto, come in un gregge di quelle pecorelle che ai tempi della leggenda pascolavano da queste parti.

Mi appare quindi il ricordo della gara dell’anno passato, con una figura al mio fianco: “non mollare – mi dice – non fare la pecorella, meglio la pecorina!”. E’ la voce del Bisonte di Castiglione che l’anno scorso mi aveva scortato in questo punto verso un Personal Best.

Scollino e inizio a spingere, prima in discesa e poi sul lungo rettilineo, per poi soffrire un po’ nel finale “cattivo” con salitelle e curve e controcurve nel centro dell’abitato di Mezzana, ma ormai il gonfiabile e vicino e tra poco si può tornare a respirare.

Mi volto e attendo il mio diretto rivale, c’è un po’ di distacco. Alla fine risulteranno 13 i secondi che ho recuperato, risultato raggiunto in parte, ma ora arrivano due gare piatte, il tutto lascia ben sperare.

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