10ª Corsa degli Asnitt, Quinzano – Giro del Varesotto 2017

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Quinzano San Pietro, 28 Maggio 2017 – Nello sport ci sono luoghi che nel tempo sono entrati a far parte della leggenda, divenuti mete di pellegrinaggi, ai quali sono associate storie che hanno contribuito a farli divenire mito.

Non ci sarebbe NBA senza la sua “Mecca” (Madison Square Garden), mentre se si parla di calcio subito il pensiero va al Maracanà.

Ci sono sport in cui determinati luoghi sono più carichi di mito che in altri, il ciclismo è uno di questi.

Quando viene presentata la mappa ufficiale delle tappe del giro d’Italia, tutti fanno correre veloce il dito sul “mappamondo rosa” per fermarlo quando il polpastrello raggiunge le scritte Mortirolo, Gavia, Stelvio.

Stessa scena, ma con un bicchiere di champagne in mano, e attendiamo i presentatori che tra una vocale nasale inizino a inanellare nomi mitologi come l’Alpe d’Huez, il Tourmalet, il Mont Ventoux.

p2342944107-o257249290-5Se esistesse un “Garibaldi” dedicato al giro del Varesotto, di sicuro assegnerebbe cinque stellete alla tappa che piega le gambe dei podisti prealpini, quella di Quinzano.

La corsa degli Asnitt è odiata da tutti, ma allo stesso tempo rispettata, con un tocco di riverenza, perchè qui si può fare la differenza, qui chi ne ha può attaccare, come fece anni fa Raimondi, nel mio primo GDV, nel tentativo di rubare secondi preziosi al Re Brambilla.

Qui, oggi, già il riscaldamento ti prosciuga, il caldo è forte anche alle 20. Si parte come sempre dalla leggera pendenza sterrata, che dopo una secca svolta a destra diviene un km di veloce discesa, dove le gambe vorrebbero andare ma la testa tira forte le briglia per evitare di rimanere senza benzina fin da subito.

Dopo un migliaio di metri percorsi a passo veloce, la lingua d’asfalto inarca la schiena, gli alberi si piegano sulle teste dei runners, e se vi fosse il pavè saremmo in una foresta di Arenberg di casa nostra. La strada continua a salire, e il corpo inizia a dare segni di cedimento, anche senza arrivare agli estremi di Theo De Rooij, che sfiancato dalla Parigi-Roubaix nel 1985 diceva: «Lavori come una bestia e non hai nemmeno il tempo di pisciare, anzi ti pisci addosso mentre pedali e sei coperto di fango. Un vero schifo».

p2342927414-o257249290-5Per un po’ la strada spiana, fa riprendere velocità, ma poi torna a castigarti nuovamente, con una pendenza più breve ma nettamente più secca, lo Zoncolan del varesotto, la porta per l’inferno dei girini. Una volta scollinato, un km velocissimo scorre sotto i piedi, ma le gambe sono ormai imballatissime, e spingerle ad andare avanti è impresa ostica, scalciano come muli mentre butti giù il secchio nel pozzo delle energie e ne tiri fuori solo qualche goccia scarsa.

Per non farsi mancare niente, Quinzano ti regala anche un paio di curve tecniche sulla ghiaia di cortili, e un tratto di prato dove spingi col piede ma il terreno non ti restituisce indietro nulla in quanto ad elasticità. Un’altra salitella, un tratto veloce e poi ancora sullo sterrato finale, con la polvere ad attaccarsi sulle gambe sudate ed esauste in cerca dell’ultimo sforzo fino al gonfiabile.

Io dovevo recuperare un secondo di distacco, invece ne ho persi un bel po’ nell’ultimo km dove non ne avevo più e anzichè attaccare, ho subito, e pesantemente, ma fortunatamente capita spesso che non siano gli atleti a render immortale un evento sportivo, ma il luogo in cui esso si svolge.

 

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