Campo dei Fiori Trail – La mia prima Groupama 25K

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Gavirate, Sabato 21 Settembre 2019I lavori per la realizzazione della Funicolare che conduceva al Campo dei Fiori partirono in sordina e già sul finire del 1910 era possibile effettuare delle prove e i collaudi tecnici. Il Ministero però, vista la celerità con la quale erano stati realizzati i lavori, posticipò di oltre sei mesi l’apertura al pubblico, in quantò verificò se l’impianto era in sicurezza. Tra le altre cose, venne simulata anche una rottura della fune con prova dei freni di emergenza, che risultarono perfettamente funzionanti.
Finalmente, dopo qualche mese di prove e giunta l’autorizzazione da parte di Roma, nell’aprile del 1911 la Funicolare Vellone-Campo dei Fiori avviò il proprio servizio. All’inaugurazione erano presenti numerosi giornalisti, e questo impianto, per le sue particolarità costruttive e tecniche, fu considerato allora come la “Funicolare più importante d’Italia”. (Fonte)

Oggi di quella funicolare rimane solo il lontano ricordo e la massicciata/scalinata ripulita qualche anno fa da un appassionato di trekking locale. Da allora questi quasi 2000 gradini sono diventati campo d’allenameno per i runners del Varesotto.

Questa Stairway to He(ll)aven è diventata uno dei punti caratteristici anche del Campo dei Fiori Trail, la gara che per il quarto anno ha animato i pendii del massiccio che domina la nostra provincia. Negli ultimi mesi l’ho percorsa interamente per due volte, ma mai dopo aver spinto a ritmo gara per 11 km e 600 metri di dislivello. Ed è stato completamente diverso.

Al Forte dal Lago

campo dei fiori trail groupama 25kSabato mattina la sveglia suona presto, dopo 5 ore scarse di sonno. Il primo problema di giornata è capire cosa mangiare in vista della sfacchinata che mi toccherà affrontare. In barba alle varie indicazioni alimentari degli esperti di settore mi faccio un caffelatte con briochina. Magari non sarà il menu più indicato per una colazione pre-trail, ma almeno mi permette di sbrigarmi in fretta e arrivare puntuale all’appuntamento coi soci di giornata per dirigerci verso Gavirate.

La partenza della gara è sul lungolago, posta nel parco Folaga Allegra, e la bella giornata rende giustizia alla location. Gli amici presenti sono tanti, chi pronto a battagliare per la 25K, chi in attesa della partenza della gara più breve di 11km (90-70-45 km sono già partite nelle ore precedenti), chi semplicemente presente a fare il tifo per i conoscenti.

La Groupama 25K nelle prime edizioni era denominata FoLaGa, abbreviazione di “al FOrte dal LAgo di Gavirate” (riferendosi al percorso) ma richiama anche la folaga, un uccello acquatico tipico delle nostre zone che ha dato il nome al parco in cui ci troviamo. Le folaghe, che sulla terraferma appaiono goffe, in realtà mostrano le loro qualità negli ambienti acquatici, dove si trasformano in abili nuotatrici e tuffatrici. Un po’ come me, che una volta scollinato alla punta di mezzo risulterò goffo nella fase di discesa tecnica per poi districarmi abilmente tra porchetta e birra Poretti una volta giunto al ristoro finale.

Saluti, foto, countdown e si parte

La partenza è alle 9.30 e dopo la spunta elettronica e il cinque scambiato con Giorgina, la volpe-mascotte dell’evento, ci si piazza in griglia una decina di minuti prima dello start.

Litigo un po’ col beccuccio del tubo della sacca d’acqua dello zaino, avvio Oruxmaps con la traccia del percorso caricata che potrebbe (e così sarà) risultare utile in caso di dubbi sul percorso, e scambio un in bocca al lupo coi soci per cercare un posto più avanti in griglia.

Incontro a bordo start-line il bisonte Rondinelli che mi invita ad un inizio gara tranquillo e mi regala qualche scatto fotografico. Poi parte il countdown, ci siamo, 3-2-1 start!

La partenza su asfalto invita a far girare la gamba, ma dopo la prima curva si inizia già con le prime pendenze. Il ritmo è comunque buono, sotto i 5’/km e rimango nel gruppetto dei primi in attesa di perdere posizioni appena il percorso si farà più duro.

Si sale nel Parco Morselli

Abbandoniamo l’asfalto per entrare nel vecchio podere di Santa Trinità e inizio a chiedermi se si tratta di un segno del destino da prendere come fonte di ispirazione per le imprecazioni che arriveranno a breve. Si inizia infatti a salire lungo i tornanti di quello che oggi prende il nome di Parco Morselli, dal nome dello scrittore che donò questi suoi possedimenti al comune di Gavirate. Pare che il benefattore vi sia però rimasto come inquilino indesiderato nelle vesti di fantasma. Improvviso come uno spettro mi appare al fianco anche il tapulone Bordanzi che percorre un po’ di strada con me e Cellina prima di allungare il passo nel suo allenamento odierno fino a Velate. In un km saliamo di 130 metri per arrivare a costeggiare il laghetto della Motta d’Oro. Si sale per un dislivello di un altro centinaio di metri e ci si immette sul sentiero numero 10. La strada diventa più corribile e torno a far girare le gambe con più lena fino a Velate.

Il Cantico delle creature

Un breve tratto sulle strade asfaltate del borgo e poi si inizia a salire verso la sommità del Monte San Francesco (768m s.l.m.). Questo punto della gara è davvero tosto e inizio a chiacchierare con animali immaginari come il buon frate di Assisi. Un uccellino si appoggia sulla spalla per ricordarmi di bere. Ringrazio che fosse quello di Del Piero e non quello di Rocco Siffredi e continuo la mia sfida alla forza di gravità.

Passiamo a breve distanza da quella vetta che ospitava in antichità la chiesa di San Francesco in Pertica, dove fino al 1478 risiedevano dei frati nell’adiacente monastero.  Domenico della Bella, detto il Macaneo, diceva di questo luogo:

“ Sopra Varese si alza un monte selvaggio, sulla cui vetta – a 4 miglia dall’abitato – sorge un tempio dedicato alla Madonna santissima oggetto di grande devozione, a motivo dei portentosi miracoli che vi avvengono. Quivi incessantemente da ogni parte d’Italia accorre gente a sciogliere voti. E’ motivo di grande meraviglia l’osservare i doni d’oro e d’argento, i ceri sospesi alla volta o esposti sulle pareti, gli ex voto dei malati ivi risanati e di coloro che incontanente ottennero la liberazione dalle catene del carcere; e ancora degli sciancati subitamente rinvigoriti che con la preghiera ottennero la guarigione da piaghe, ascessi, cancrene , da ogni tipo infine di grave malanno. Ecco i miracoli, ogni giorno più numerosi, dovuti alla intercessione della beata Vergine nella quale ho riposto ogni speranza di salvezza”

Procedo sciancato, ma non rinvigorito, e ritrovo un po’ di asfalto dopo lo scollinamento. La quiete prima della tempesta.

Stairway to He(ll)aven

Inizia uno dei tratti più caratteristici dei vari percorsi di gara tracciati per il Trail del Campo dei Fiori. Si sale lungo la scalinata di servizio della vecchia Funicolare del Vellone. Qua bisogna venir su tranquilli, sarebbe impossibile e controproducente provare a strafare. Dopo il gel preso lungo la salita al San Francesco, mangiucchio un po’ di barretta in cerca di zuccheri. Salgo mani sulle ginocchia, col passo dell’alpino. Qui non si gode nemmeno del’ombre degli alberi e anche se siamo all’inizio dell’autunno il sole caldo si fa sentire. In un tratto i gradini lasciano il posto ad una rampa, e si cercano gli appoggi migliori mentre i polpacci iniziano a far sentire le loro lamentele. 

In quattrocento metri di percorso lungo questo tratto si guadagneranno poco più di 200 metri in verticale. Pendenze notevoli, che fan salire i battiti a una punta di 190 bpm. L’ultimo tratto è addobbato a festa con gli stendardi VIBRAM e i campanacci degli spettatori in cima si sentono sempre più vicini.

I gradini in cemento lasciano il posto ai gradoni di traversine lignee. Le facce delle persone in vetta sono più nitide. Scorgo Abe che mi chiama e scatta un paio di foto. Scollino, cotto, e proseguo dritto per dritto ma mi richiamano perchè devo girar a sinistra. Altri gradini, che portano al retro della stazione di monte della funicolare dove è allestito il ristoro. Bevo dei sali e riprendo a corricchiare.

L’ascesa al Tibet Varesino

Dopo un tratto piano si arriva a un’altro punto di grande fascino, la scala del cielo. Qui si procede lungo una scalinata ricavata nella roccia. Da qui si gode una vista bellissima verso la valle e verso il Sacro Monte. E’ una delle “cartoline” degli amanti di questi luoghi, adornata con stoffe e bandierine di preghiera tibetane annodate alla ringhiera di protezione. I cinque colori di questi drappi rappresentano i cinque elementi fondamentali, o le cinque dimensioni del Buddha:

  • Giallo = Terra
  • Verde = Acqua
  • Rosso = Fuoco
  • Bianco = Aria
  • Blu = Cielo

Un po’ un riassunto di questo percorso di giornata. L’elemento centrale, il fuoco,  incarna alla perfezione la sofferenza dei muscoli delle gambe che iniziano a bruciare man mano che il dislivello coperto aumenta.

Finita la scalinata si passa attraverso un tratto di mini arrampicata. Con mani e piedi mi faccio largo tra le roccette che fiancheggiano la parete di da arrampicata dove i climbers si allenano con le loro corde e imbragature.

La fine del Calvario?

Una volta approdati sul piano veniamo accolti da un gruppetto provvisto di tamburelli che ci incitano a ripartire e mi infilo nel sentiero che porta al passaggio al Monte Tre Croci. Trascino la mia croce fino al Golgota varesino e da li inizia un po’ di discesa lungo i gradoni che ci conducono alla balconata che affaccia sul Grand Hotel Campo dei Fiori. Rilancio l’andatura lungo la strada del belvedere costeggiando la Colonia Alpina e l’Osteria Irma.

Un breve tratto d’asfalto passando dal Belvedere e poi ancora sullo sterrato della strada militare, passando all’ombra della Punta Paradiso in direzione  Forte di Orino. Ora iniziano tratti che non ho mai percorso. In un km di strada saliamo di altri 80 metri per raggiungere il GPM di giornata, la Punta di Mezzo (1226 m s.l.m.).

Li dove osano i le aquile

Iniziano 500 metri di single Track estremamente tecnico che dapprima percorre una cresta panoramica e poi si tuffa in un tratto in cui fatico a camminare dalla pendenza. Mentre incespico  scendendo goffamente come la Folaga già citata sento un rumore che mi fa pensare a un branco di cinghiali, mentre invece è il trenino degli apripista della 45 km che dopo un giro più ampio hanno incrociato il nostro percorso di gara. Perdo alcune posizioni prima di arrivare al Forte di Orino dove c’è il punto di controllo e il secondo ristoro di giornata. Passo 62° assoluto e 58° uomo dopo 2h22′. Bevo un po’ di sali, prendo del cioccolato e riparto.

Si arriva ad affrontare 4 km di discesa a perdifiato, per chi sa dove mettere i piedi. La prima parte nella pineta ha infatti pendenze attorno al 30% con punte che arrivano quasi al 40%. Il terreno è soffice e le radici sono li pronte ad attendere ogni minimo errore per farmi rotolare a valle ricoperto di aghi di pino, trasposizione boschiva dell’umiliazione napoleonica del venir cosparsi con pece e piume.

Finito lo zig zag tra le radici inizia un saltellio vario tra rocce e pietrisco. Chi non indugia mi passa senza problemi e inizio a retrocedere in classifica, come sempre mi succede lungo le discese delle gare di montagna.

Al 21° km il tracciato ci riporta sui sentieri già percorsi due ore prima in fase di ascesa. Arriviamo nuovamente nei pressi della Motta d’Oro ma stavolta prendiamo un bivio differente per dirigerci verso Comerio.

Al km 23 si esce dal bosco, si torna a calpestare bitume ed è ora di provare a recuperare posizioni visto che non ho più scuse.

Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato

Mi rifaccio sotto ad un gruppetto ma l’illusione dura poco. Sto per sbagliare direzione ma il vigile posto alla rotonda mi riporta sul percorso di gara … per poco. Curva e controcurva e non vedo più chi mi precede, forse avranno cambiato marcia anche loro? Chi mi segue è ancora li però e proseguo col mio passo in discesa. Inizio ad aver dubbi perchè non scorgo più alcuna freccia disegnata sull’asfalto ma il mio inseguitore è sempre li ogni volta che mi giro fino a quando inizio a non vederlo più. Il dubbio mi assale e decido di fermarmi, recuperare il telefono e controllare la traccia che avevo caricato in caso di dubbi.

Il dubbio diventa certezza, sono fuori strada e di parecchio. Dopo un’occhiata alle strade capisco che tornare indietro sarebbe più o meno come continuare da questa parte per chiudere un anello più ampio. Mi rassegno a sprofondare indietro in classifica e continuo in solitaria pensando che almeno avrò fatto un bel lungo a fine giornata.

Passo davanti alla Locanda dello Hobbit con la tentazione di fermarmi a prender una birra, ma poi desisto per paura di trovare Gandalf il grigio e i tredici nani pronti ad esortarmi a partire per un’avventura con Bilbo Baggins. Continuo quindi la mia marcia solitaria per la “ridente” Oltrona al Lago prima di giungere a Voltorre dove finalmente reincrocio il percorso di gara.

Mi lascio alle spalle il Chiostro, infilo il sottopasso e mi ritrovo sulla pista ciclabile del Lago di Varese. Inizio a infilare qualche avversario di quelli che mi avevano recuperato posizioni durante il mio fuori programma. Incrocio l’amico Gio in versione ciclista e supero una chicane in piccola discesa. Inizio a sentir il vociare lontano, ormai ci siamo.

A tutta birra

Passo davanti ai tavolini dei bar animati dall’aperitivo domenicale a bordo lago. Inizia la parte transennata con la gente a incitare a bordo ciclabile. Pochi metri. Fingo una faccia poco sconvolta. Sorriso forzato per la foto ricordo. Ci siamo.

Chiudo il mio primo Campo dei Fiori trail in 3h28′, 93° assoluto, 86° uomo. Senza errore di percorso di circa un km e mezzo e pausa obbligata per recuperare il telefono e consultare la traccia avrei avuto almeno una decina di minuti in meno sul tempo finale. Minuti che mi sarebbero valsi una trentina di posizioni. Peccato.

Mi godo comunque il sole chiacchierando con un paio di amici nel dopogara (compreso il sempre presente Damiano che mi regala una foto) con tanto di birretta in mano prima di andare al meritato ristoro. Pranzo con uno dei tanti ex compagni di calcio riciclatisi podisti che mi gira anche la sua porzione di porchetta e patate fritte.

Trovo finalmente il nesso col nome del podere citato all’inizio del viaggio/racconto in una citazione del film Trinità:

  • Hai proprio fame amico … come uno che ha attraversato il deserto di corsa …
  • Già! E chiunque attraversa il deserto di corsa ha qualcosa sulla coscienza!

Ma più che sulla coscienza, a me resterà qualcosa sullo stomaco. E fortunatamente nel menù dopogara non c’era una pentola di fagioli come quella gustata da Terence Hill!

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